domenica 6 luglio 2014

#La prima volta - Eleven moore

Questo è il mio racconto, la mia storia vera.... se vi piace potete votarlo a questo link http://it.20lines.com/read/75784/eleven-more Nel mentre godetevi la storia Eleven more Chiara Gentili La prima volta che ci incontrammo ero così presa dal mio mondo che non lo notai nemmeno. Era estate e ai bagni era in atto il torneo di pallavolo; così di pomeriggio con la mia amica ci sedevamo ai tavolini a guardare gli altri giocare. Non me ne accorsi subito ma quando arrivai a casa la mia borsa era piena di pietre. Capii subito chi fosse l'autore. Non so ancora spiegarmi come fossi così sicura che fosse stato lui. Il giorno dopo caricai la borsa di tutte le pietre, arrivata in spiaggia lo chiamai, non sapeva il mio nome, ma si giró: gli lanciai la borsa e scoppiamo a ridere. Fu allora che nacque tutto. Era bello ed era tanto tanto uomo, troppo per me che ero solo una ragazzina. Me lo disse subito ma insistetti, non molto a dire la verità; lo amai disperatamente come solo un'adolescente alle prese con il primo amore può fare; lui era tutto e io ero ai suoi piedi. Ero gelosa, possessiva: era mio e guai a quelle che gli ronzavano intorno e credetemi erano tante... Fu un'estate meravigliosa, stavamo sempre insieme, inseparabili. Lui che continuava a trattarmi come una bambina ed io sempre più persa nei suoi meravigliosi occhi. I suoi amici, tutti l'avevano capito ma non mi importava. Niente importava. Passavano i giorni, il mio rientro a casa, esattamente a milleduecento chilometri di distanza, si avvicina e nulla riusciva a smuoverlo: "Sono troppo grande per te, e poi la distanza è tanta Chiaricè". Mi struggevo. Possibile che non capisse che eravamo fatti l'uno per l'altra? Era per caso cieco??? Lo osservavo mentre parlava con le ragazze più grandi, cercavo di essere come loro, di atteggiarmi a donna vissuta ma per uno sguardo languido che riuscivo a fare dieci non mi venivano. Non ero naturale e questo mi faceva apparire ancora più ridicola. Finché smisi. Non perché mi arresi sia chiaro: semplicemente decisi che sarei cresciuta e glielo avrei dimostrato. Lui mi abbracciava, mi prendeva il gelato, controllava con chi parlavo, mi faceva uscire con lui la sera, mi guardava, mi teneva la mano... Non gli ero indifferente; apprezzava anche la mia bella testolina ma tant'è la storia dell'età era sempre in mezzo a noi, come un macigno che no si riesce a spostare. Alla fine il temuto ultimo giorno arrivó: dovevo prepararmi, andai via dalla spiaggia prima del solito con la sua promessa che mi avrebbe portato a mangiare fuori solo noi due per la mia ultima sera. Ero bella, la mia carnagione naturale brillava grazie all'abbronzatura. Lasciai i capelli schiariti dal sole sciolti, non mi truccai non volevo, non ne avevo bisogno. Il punto forte era il vestito. Lungo a sirena, color crema e di pizzo. Una leggera sottoveste dello stesso colore fungeva da barriera tra me e il prezioso tessuto. Mi sentivo una principessa, ero triste, ero nervosa, ero eccitata... E alla fine lui giunse: lo vidi per prima nascosta dietro la porta della camera da letto; indossava dei pantaloni scuri ed una camicia azzurra che gli fasciava il petto muscoloso, le maniche arrotolate.. Era un sogno e almeno per qualche ora sarebbe stato solo mio. Quello che non avevo previsto era la sua reazione a me. Il suo sguardo mi brució l'anima,i suoi occhi mi scrutarono nel profondo e capimmo tutti e due che non ci sarebbe stato nessun altro. Scesi le scale tremante con gli occhi piantati nei suoi, mi prese la mano. Non proferimmo parola, nulla poteva descrivere quello che stava scorrendo tra di noi. Salimmo in auto, ancora in silenzio. Ero decisa a godermi la serata perciò presi coraggio ed iniziai a parlare: parlai, parlai, parlai... Lui ascoltava, annuiva, sorrideva ma non proferiva verbo. Pagó il conto e invece di fare una passeggiata sul lungo mare come mi aveva promesso salimmo in auto: voleva già portarmi a casa? Gli occhi mi si riempirono di lacrime; iniziai ad odiarlo: perché doveva umiliarmi così? Continuava a tacere, dentro di me il cuore si sbriciolava. Non mi accorsi dove fossimo finché non fermó l'auto e scese. Non era casa mia, era casa sua. Salimmo e mi fece accomodare in salotto. Preparó il caffè e si accese una sigaretta sempre rimanendo in silenzio. I miei occhi erano lucidi, il mio cuore carico di speranze. Spense la sigaretta e mi si avvicinò, accese lo stereo con il telecomando e mi invitó a ballare. Voi non riuscirete mai a capire quello che provai in quel momento: ero in estasi, avevo bevuto ambrosia. Volteggiano per la stanza, non mi accorsi dello scorrere del tempo, ero tra le sue braccia il resto non esisteva. Si fermó e mi guardó: "Piccola..." Mi baciò prudente, quasi mi sfiorò le labbra: ma ne volevo di più. Gli buttai le braccia al collo, rimase sorpreso per un istante: i secondi più lunghi della mia vita; e se mi avesse respinto?! Ma subito dopo mi strinse a sé e prese possesso delle mie labbra, dolcemente le fece dischiudere e inizió il mio primo vero bacio. Lo stomaco in fiamme, il cuore che batteva all'impazzata, le mi mani che non riuscivano a stare ferme. La sua pazienza, la sua dolcezza, le sue parole... "Piccola hai delle labbra meravigliose..." Mi abbracció e mi tenne stretta a sè: smaniavo per avere di più senza sapere nemmeno cosa fosse questo "Sei speciale piccola, ma sono sempre eleven more..." Giunse l'ora di tornare a casa, le labbra ancora pulsanti e la mente carica di nuove sensazioni: facemmo una foto abbracciati stretti e sorridenti. Mi salutó con un bacio sulla fronte ed una promessa nello sguardo. Gli scrissi il giorno stesso in cui arrivai a casa. Ancora non esistevano mail o cellulari.... Lunghe lettere e lunghe telefonate... Fu un anno lunghissimo ma arrivó l'estate: l'avrei rivisto. Purtroppo. Ogni sera lo vedevo con una ragazza diversa, io non esistevo più; se non mi evitava mi prendeva in giro. Piansi tutte le lacrime che avevo. Tutte le telefonate, le lettere.... I miei timidi "ti voglio bene" ed i suoi "anch'io" non significavano nulla. Feci la cosa più stupida: mi misi con un ragazzo a cui piacevo e ignorai il mio amore. Furono 2 mesi d'inferno ma servirono. Un pomeriggio mentre tornavo dal mare mi si accostò in auto: "Sali" Lo feci. Mi portò al e mi reclamò. Ero sua, lo sapevamo entrambi. Rabbia, desiderio e amore. Potevamo combatterlo ma era il pronto a consumarci o a renderci felici. Dipendeva solo da noi. Dopo quell'estate non lo rividi mai più. Ci sentiamo ancora, sempre: messaggi, Facebook, telefonate... Ricordiamo quello che eravamo e rimpiangiamo quello che saremo potuti essere insieme. Ci amiamo, ma a volte l'amore non basta. Eleven more è la mia prima volta è sarà sempre il mio primo rimpianto.

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