lunedì 13 aprile 2015

Una storia

Voglio raccontarvi una storia... Nel settembre 1996 ho incontrato la persona che avrei considerato come una sorella per anni e con la quale poi tutto sarebbe finito nel peggiore dei modi. Eravamo al primo anno di liceo classico (IV ginnasio per gli addetti ai lavori ;-) ): lei era bruttina e secchiona ma di quelle simpatiche, che passano tutto e che non se la tirano da genietti; io ero carina, studiosa ma solo delle materie che mi piacevano e già con la testa immersa nei libri. Non ricordo il giorno, non ricordo come. So solo che a un certo punto siamo diventate inseparabili. Allora non si poteva uscire di sera perchè eravamo piccole e così stavamo sempre insieme a scuola, vicine di banco, bigliettini scambiati sperando che il prof non se ne accorgesse (all'epoca i telefonini erano qualcosa di sconosciuto), ricreazioni passate in bagno con io che fumavo e lei che stava attenta non arrivassero insegnanti o bidelli. Poi il tempo di arrivare a casa, mangiare qualcosa e subito al telefono: certo, si parlava di compiti e di scuola all'inizio ma poi telefonate interminabili a raccontarci sogni, speranze e le prime cotte. Pomeriggi passati a casa dell'altra a "studiare" e a divertirci facendo scherzi telefonici alle amiche. Quando è arrivato il permesso da parte dei rispettivi genitori di uscire alla sera sono andata a casa sua al sabato pomeriggio e abbiamo finito di prepararci mezz'ora prima di uscire: mi sono portata dietro una valigia di vestiti e scarpe, ci siamo truccate e pettinate a vicenda (non vi sto a raccontare il macello con lo smalto, vi dico solo che alla fine abbiamo rinunciato) e poi finalmente SOLE DI SERA! al Britannia, storico pub di Genova, non so quanti sabati sera ci avremo passato.. lei con la vodka al melone ed io con quella alla pesca. un piatto di patatine divise e ridere e scherzare insieme alle altre amiche. La prima volta in discoteca? MERAVIGLIOSA! Abbiamo ballato sino alle 3 del mattino, alla fine dopo 6 ore sui tacchi abbiamo optato per tornare a casa scalze, per fortuna che casa sua non era troppo distante, eravamo così felici e doloranti che ogni 10 metri dovevamo fermarci perchè ridevamo a crepapelle. Poi arriva il primo ragazzo e ovviamente a tutte e due piace lo stesso che a dire la verità ci prova con tutte e due... Ma ci capiamo subito: interessava di più a lei perciò mio passo indietro e più amiche di prima, con raccomandazione a lui di trattarla come una principessa. Poi anch'io trovo il ragazzo e allora si organizzano le prime uscite a 4 (mi ricordo ancora quel pub alla foce sul vecchio vagone dove prendemmo dopo la versione integrale de "L'esorcista" un piatto di patatine fritte con sopra la Nutella. I ragazzi che ci guardavano allucinati e noi che non li consideravamo proprio). E siamo arrivate al penultimo anno di liceo. Non le ho raccontato subito quello che il mio ragazzo mi faceva: la vedevo così pura e innocente che non volevo sporcarla con quello che io subivo; ma mi conosceva meglio di quanto pensassi. Mi ripeteva in continuazione di lasciarlo, che non faceva per me, che mi vedeva triste, che non ero più io. Una volta ero così triste che mi trascinò al cinema a vedere "Ti presento Joe Black", non ci crederete ma abbiamo riso per tutto il tempo, così forte che a momenti ci sbattono fuori dal cinema. Quando siamo andate a vedere South Park è stato ancora peggio, abbiamo rischiato di sentirci male da quanto ridevamo. Una volta in Via XX, dopo l'ennesima sceneggiata del mio ragazzo, mi ha fatto seguire un ragazzo che veniva a scuola con noi e che ovviamente ci ha colto in fallo dopo nemmeno 10 minuti. Arriva l'ultimo anno, io sempre più alla deriva e lei sempre più presente: a 3 mesi dalla maturità dico BASTA: lascio il ragazzo e tiriamo tutte e due un bel sospiro di sollievo. Arriva il giorno della maturità: io l'ultima del primo giorno, lei la terza. Mi dice: "Finisco, vado a casa a cambiarmi e arrivo da te.". Tocca a me entro senza di lei, ma quando finisco e mi giro lei è lì, ci abbracciamo. Non servono parole, ci saremo sempre l'una per l'altra. Io parto per le vacanze e le scrivo una lettera, una lunghissima lettera dove le racconto tutto quello che ho subito per due anni. Mi chiama, lo sapeva, l'aveva intuito, mi vuole bene, la supereremo. Arriva settembre: università, nuovi corsi, nuovi compagni e poi un sabato sera mentre io ero in un locale dark (si ho passato un periodo strambo) e lei a Camogli mi arriva un messaggio sul cellulare: "chiamami subito". La chiamo e vengo a sapere che il suo ragazzo 3 giorni prima del primo esame all'uni le va a dire che l'ha tradita: la sento piangere disperata. mi chiede se posso andare da lei... ero senz'auto a 10 km di distanza ma per la mia sorellina.. trovo una ragazza che vive a Recco e che stava andando a casa; le propongo il pagamento della benzina. Eccomi da lei munita di vodka e affini: ci chiudiamo in casa e iniziamo a inveire contro maschi, ragazzi, uomini e affini inaffiando il tutto con parecchio alcool. Mi chiede cosa deve fare, le rispondo che per me la fiducia è tutto. Se una persona tradisce la mia fiducia con me ha chiuso. Sono parole che si sono rivelate fatali. Lei lo perdona ma dopo pochi mesi si lasciano. Decidiamo di fare le vacanze insieme ad altre due nostre amiche: una settimana all'Elba. Quattro 19enni in vacanza da sole: l'estate più bella. Arriva il secondo anno di università e le cose iniziano a cambiare. Io rimango più o meno la stessa: esco quando ne ho voglia, mi piace stare a casa a parlare al telefono, continuo a leggere e scrivere. Lei inizia ad essere sempre più interessata alla moda, al trucco, al parrucchiere e a frequentare persone che sino a due mesi prima non avrebbe nemmeno considerato. Mi sforzo di farmi piacere le sue nuove amiche ma proprio non ci riesco: le trovo volgari e parecchio ignoranti. Non riesco a capacitarmi di come lei possa trovarsi così bene con loro. Dirado le uscite alla sera cercando di farle capire che non mi diverto più ma organizzo aperitivi a cui lei porta 7 volte su 10 anche le nuove ragazze. Ma non mi importa più di tanto perchè so che la nostra amicizia è super. Finisce il periodo dell'università per me e trovo subito lavoro: ovviamente adesso i miei ritmi sono diversi, non posso saltare una giornata per andare a fare shopping con lei e salto qualche aperitivo perchè se ho da fare devo fermarmi al lavoro. Ma lei non capisce e arriva un fulmine a ciel sereno: non crede che mi fermi in ufficio, pensa che le racconti delle bugie perchè nessun neo assunto lavora quanto lavoro io. Cado dalle nuvole, la mia migliore amica non mi crede? Mi arrabbio, non può pensare davvero questo. Le do il numero del mio capo, che verifichi pure. Dice che non ne ha bisogno ma che anche le altre non capiscono perchè esca così poco. Le altre?! Le chiedo se si divertono a fare il bar sport su di me. Mi dice di no. Ci chiariamo, ma inizio ad essere diffidente e guardo alle altre con manifesta ostilità. Ci fidanziamo tutte e due: io con un collega e lei con un ragazzo conosciuto tramite i suoi nuovi amici che non mi è mai piaciuto. Non tarda a confermarmi ciò che penso ma vengo a saperlo dopo che l'aveva già raccontato alla sua nuova amica "l'ho raccontato a lei, quindi posso raccontarlo anche a te". Credetemi, mi sono sentita morire. Da qualche parte ci eravamo perse. Ci incontriamo di nuovo per parlare ma dopo due settimane scoppia tutto. Amicizia finita, gennaio 2010. Lei inizia una campagna diffamatoria su Facebook: si era liberata di una pazza esaurita, invidiosa, pezzente etc... quando le chiedo di smetterla, se non per rispetto a me almeno per la nostra vecchia amicizia mi risponde che ormai non siamo più amiche e quindi può scrivere quello che vuole. In ogni caso i commenti offensivi smettono. Ci piango sopra: a leggere mail, messaggi, lettere, cartoline. A vedere foto e a chiedermi perchè. Non la incontro più. A settembre 2011 mi sposo e decido di scriverle su Facebook per salutarla decentemente. Dopo più di un anno siamo più calme, ci dispiace per come sia finita ma io fiducia non ne ho più e lei ha detto troppe cattiverie per poter tornare indietro. L'anno successivo si sposa lei e rimane subito incinta, vengo a saperlo tramite un amico in comune. Sono felice per lei, so che se sarà una bambina la chiamerà Arianna. Poi una sera questo ragazzo mi chiama, all'inizio non voglio rispondere ma poi penso che deve essere successo qualcosa e allora lo faccio: "Non so come dirtelo, ma ... è morta." cosa ho detto io? "No, la mia ... no!". Sono morta, ho rivissuto tutto in un attimo e la nostra litigata mi è sembrata così stupida e priva di significato. Non capivo cosa fosse potuto succedere. Una ragazza di 30 anni incinta di 5 mesi morta?! Perchè? Morte bianca hanno detto, forse un ictus... resta il fatto che lei non c'è più. E allora vai in chiesa dove trovi la compagnia storica da una parte e i suoi nuovi amici dall'altra. Io che piango disperata: adesso non c'è più tempo per nessun chiarimento. Sono passati quasi due anni e il dolore è sempre lì, non si è attenuato. Ma per fortuna il pensiero non è costante. L'ho sognata solo 2 volte vestita con la sua gonna bianca e il suo maglione verde. L'ultima volta le ho chiesto scusa perchè non ero arrivata in tempo e lei mi ha risposto che non importava, che andava tutto bene. Adesso mentre sono qui a scrivere di lei e del dolore che ancora ho mi domando come gli altri possano andare avanti. Certo è che ognuno vive il dolore a modo suo ma quando vedo certe foto pubblicate su Facebook credetemi che rabbrividisco. Basterebbe un po' di pudore e di rispetto. Credo di essere più legata al ricordo di quando eravamo amiche che alla persona che era diventata in seguito. So perfettamente che se ci fossimo incontrate dopo il suo cambiamento non saremo mai diventate amiche. Ma un conto è la testa, un conto il cuore: il cuore va per i fatti suoi e non importa quanto possa sanguinare, è testardo e caparbio. L'ho amata come una sorella e il suo ricordo rimarrà per sempre. Ai miei figli racconterò della persona VERA che era e non di quella che è diventata. Ho commesso anche io i miei errori: non ho capito quando e perchè sia cambiata così radicalmente. Forse aveva bisogno di me e io non l'ho capito. Sapete però cosa rimpiango di più? Due giorni prima che morisse avevo deciso di mandarle un messaggio per congratularmi con lei. Non l'ho mai mandato. Il mio stupido orgoglio mi ha impedito di sentirla un'ultima volta. Forse non sarebbe cambiato nulla ma almeno non vivrei con questo tarlo. Se dopo più di due anni volevo scriverle proprio quella settimana, avrei dovuto farlo. Non perdete tempo, non crogiolatevi nell'orgoglio, non fatevi scudo con la ragione certe cose valgono molto di più e possono essere eterne. Ciao amica mia

Nessun commento:

Posta un commento